Comunicato Stampa- Cinema dei poeti

I poeti sul grande schermo: rassegna “Il cinema dei poeti”

Riproposto lo spazio dedicato all’amore di molti poeti contemporanei per il cinema: il talento di Tonino Guerra sceneggiatore

Dopo il successo riscontrato nelle ultime due edizioni, anche nel 2012 Poesia Festival riconferma lo spazio dedicato a “Il cinema dei poeti”, ovvero quando i poeti fanno il grande cinema. Nel 2010 il protagonista era stato il Pasolini regista, nel 2011 si era approfondito il sodalizio tra Zanzotto e Fellini, e quest’anno tocca a Tonino Guerra, popolare poeta in dialetto romagnolo e poliedrico autore per il cinema.

Venerdì 28 settembre, a partire dalle ore 20.30 a Spilamberto, Guerra sarà il protagonista di un articolato omaggio, che vedrà tra i protagonisti Franco Brevini, noto studioso di letteratura dialettale, e l’attore Ilario Sirri, impegnato in letture dalla tradizione romagnola, dallo stesso Tonino Guerra, a Raffaello Baldini a Tolmino Baldassari. Dopo l’omaggio al Guerra poeta romagnolo, alle ore 21.45, verrà proiettato il film Zabriskie Point (USA, 1970), per la regia di Michelangelo Antonioni, alla cui sceneggiatura ha contribuito, tra gli altri, proprio Tonino Guerra. La proiezione sarà inoltre l’occasione per rendere omaggio ad Antonioni, uno dei maestri assoluti del cinema italiano, a cent’anni dalla nascita.

Il film è un vero “trattato” generazionale, girato nella desertica California. La pellicola nasce come per parlare della contestazione in atto in quegli anni, ma come sempre in Antonioni, è impossibile evitare le grandi domande sull’uomo e sul destino. Dopo aver mostrato una parte dell’universo giovanile, con gli scontri e le inquadrature di massa, il regista si sposta in un terreno che nulla centra con quello che sta accadendo: il protagonista prende letteralmente il volo e si ritrova nel bel mezzo del deserto, insieme ad una ragazza trovata per caso. Ed è in questa circostanza che Antonioni si fa riconoscere: un film apparentemente banale e già visto mille volte, si tramuta in una introspezione sottile e liberatoria, nella mente di un giovane che semplicemente non segue la corrente (e ciò non sta a significare che stia con i rivoluzionari), e tutta l’operazione si fa accesa e sofferta, dai sentimenti forti trasportati in un contesto arido e privo di vita. Nel film, Antonioni sfoggia il suo arsenale espressivo, il suo studio del colore, la sua magistrale capacità di dirigere gli attori, e mette da parte, per un attimo, la sua adorata incomunicabilità (non siamo più in un contesto borghese, ma in quelle anti borghese, e tutto è perfettamente esprimibile). Il tutto fuso in modo delizioso ad una fugace love story, che rappresenta forse il fulcro del potere drammatico del film, dilatata, e consumata interamente nella vallata della morte, nel gesso e nella polvere. Il film, chiude con una parentesi di sfogo registico: ascoltati i discorsi dei ricchi possessori del terreno in cui i due ragazzi hanno trascorso quelle poche ore insieme, che meditano di far piazza pulita e di costruire su tutta la zona, la ragazza in un raptus di follia si immagina di far saltare in aria la loro villa super lusso: è una sequenza maestosa, tutta svolta in una landa desertica con frigoriferi, macchine e case che saltano in mille pezzi e con grandi fiammate. Un’opera “elettrica” sia nella musica (dei Pink Floyd) che nelle immagini, ricca di suggestioni, interpretata con trasporto e diretta da un regista in forma smagliante.

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